Santi navigatori per Cristo
Di Patrizia Solari
SAN BRANDANO, IRLANDESE
SAN SAVVATIJ, RUSSO
Non molto tempo fa, su segnalazione di una persona conosciuta da poco - si allarga la comunione dei santi, con l’aggiunta di nuove presenze, sia in cielo che in terra! - sono venuta a conoscenza di un testo di piacevolissima lettura: La navigazione di San Brandano 1), che mi ha permesso di avvicinare un altro santo irlandese. Ho deciso di abbinarlo, spero in modo sufficientemente pertinente, con san Savvatij 2), monaco e fondatore, insieme a san Zosima, dei monasteri sull’arcipelago delle isole Solovki, nel Mar Bianco: i due hanno in comune la decisione di prendere il largo su una barca, per poter render gloria a Dio nel modo più idoneo alla loro vocazione.
San Brandano
Riprendiamo, per cominciare, alcuni tratti della storia d’Irlanda. Dopo l’opera
di evangelizzazione da parte di san Patrizio, avvenuta nel V secolo (vedi
“Caritas Insieme”, nr. 2/2000), il Cristianesimo si radicò profondamente in
quelle terre: molti giovani si recavano a studiare nei monasteri britannici
e in tal modo l’Irlanda entrò in contatto con il fenomeno del monachesimo,
iniziato in oriente e diffusosi ben presto anche in Europa.
Nell’introduzione alla Navigazione di San Brandano leggiamo: “Le pratiche monastiche si incrementarono al punto che, nel corso del VI secolo, (...) la carica di vescovo fu assunta da monaci o direttamente dagli abati dei monasteri, e la circoscrizione delle diocesi finì per identificarsi con i componenti dei singoli tuath.3)
(...) Lo spirito monastico irlandese si caratterizzò sin dalle origini nel senso di un forte ascetismo: le regole erano molto severe e prevedevano mortificazioni di ogni genere, lunghi digiuni, privazione del sonno. I temperamenti più eroici, non ancora soddisfatti, cercavano la solitudine assoluta per chiudersi nella contemplazione di Dio. Se i monaci orientali si arrampicavano in cima alle colonne o si isolavano nel deserto, i loro confratelli irlandesi disponevano anch’essi di un deserto immenso e disabitato: il mare. Nasceva così la peregrinatio pro Christo, la ricerca della solitudine peregrinando tra le onde. Gli aspiranti eremiti giungevano addirittura a imbarcarsi e a lasciarsi trasportare dalla corrente dove il caso, o meglio, la volontà di Dio stabiliva. Isole grandi e piccole vennero popolate da comunità monastiche: i Vichinghi le trovarono addirittura in Islanda.
In una società fondata sui legami tra gruppi familiari come quella celtica, la separazione dal proprio tuath rappresentava una scelta fortemente dolorosa. In tal senso, non erano meno eroici coloro che, alla solitudine del mare, preferivano l’esilio volontario sul continente europeo. Seguendo l’esempio di San Colombano (540-615 ca.) che, dopo aver fondato monasteri in mezza Europa, morì a Bobbio, presso Piacenza, i monaci irlandesi sciamarono su tutto il continente. (...) I monasteri da loro fondati divennero centri culturali di primaria importanza, nei cui scriptoria furono trascritti e conservati i testi dell’antichità.”
Ma veniamo a San Brandano. “Brennan Mac Hua Alta - tale suona il suo nome in irlandese - nacque verso la fine del V secolo a Traigh Li, l’attuale città di Tralee, o in una località dei dintorni. Educato dal vescovo Erc, si diede alla vita monastica e compì numerosi pellegrinaggi per mare, giungendo in Scozia (...) forse si spinse anche in Bretagna, nelle isole Orkney e nelle Shetland. Al suo nome è connessa la fondazione di diversi monasteri, tra i quali il più importante fu quello di Clonfert4), dove prendono l’avvio le vicende narrate nella Navigazione. Dopo la sua morte, avvenuta in età avanzata, il ricordo dei suoi viaggi venne amplificato dalla tradizione orale, mescolandosi alle leggende del folclore celtico e perdendo ogni connotazione reale.”
Non si sa se la Navigazione (un secondo testo è la Vita, che però racconta un’altra versione del viaggio), sia stata scritta nel IX o nel X secolo, in latino, da un ignoto autore, probabilmente un ecclesiastico, in Irlanda, oppure direttamente in Europa da uno dei profughi che erano fuggiti dalle incursioni vichinghe. Certo è che ebbe larghissima diffusione nel corso di tutto il Medioevo e fu tradotta in molte lingue (anglo-normanno, francese, provenzale antico, catalano, inglese, olandese, vari dialetti germanici, e in Italia, veneziano e toscano).
L’introduzione in Irlanda della cultura latina “avvenuta parallelamente all’evangelizzazione, non soffocò le tradizioni locali, ma si risolse in un fecondo incontro con la cultura celtica, fornendo un esempio che si vorrebbe fosse seguito più spesso nella storia. Gli Irlandesi adottarono l’alfabeto latino e intensificarono l’uso letterario della loro lingua, componendo poesie, commentando i testi religiosi e sviluppando cicli epici, come quelli legati agli eroi Cuchulainn e Fioun Mac Cool.
Un genere letterario molto diffuso divenne inoltre quello degli Imram. L’Imram è la narrazione di un avventuroso viaggio per mare, compiuto da uno o più eroi. (...) Il genere era congeniale agli Irlandesi, popolazione isolana in larga parte legata al mare, e poteva recepire suggestioni tratte dalla cultura classica, dall’Eneide, ad esempio, e forse dall’Odissea. È evidente l’influsso di questo genere letterario sulla genesi della Navigazione di San Brandano.”
La Navigazione
Nel primo paragrafo, dei ventinove che compongono la Navigazione (alcuni stralci sono riportati a parte), viene presentata quella che sarà la meta di Brandano: l’isola dei Beati, che gli viene descritta dall’abate Barindo, suo ospite. Troviamo qui un altro genere letterario, gli Echtrai, nei cui racconti si trovano protagonisti condotti su un’isola avvolta dalla nebbia, dove si trovano le anime dei morti. L’idea di queste isole paradisiache era diffusa tra i Celti e trova riscontro in altre tradizioni culturali. Nel nostro caso, il concetto è calato in una prospettiva cristiana e si è fuso con l’idea della Terra Promessa desunta dalla Bibbia.
I quattro paragrafi seguenti descrivono la preparazione del viaggio, la scelta dei compagni e la costruzione della nave.
Dal paragrafo VI al XXVII è narrata la navigazione vera e propria, con i diversi avvenimenti e incontri: l’Isola dalle alte scogliere, l’Isola delle pecore giganti, la grande balena, il Paradiso degli Uccelli, i vegliardi della comunità di sant’Albeo, l’Isola degli Uomini Forti, l’eremita Paolo, tutti episodi nei quali risuonano analogie con i testi degli Imram, elementi tratti dall’Apocalisse o dai testi medievali che descrivono i viaggi in Terra Santa o ancora dall’Eneide, dall’Odissea o dalla mitologia germanica.
Il paragrafo XXVIII descrive di nuovo l’isola dei beati, con l’approdo, e il XXIX, che manca in alcuni codici, racconta il ritorno in patria e la serena morte del santo.
Il culto di Brandano (o Brendano) fu diffuso in tutta l’Europa: a lui vennero dedicate chiese in Scozia, Inghilterra, Bretagna. Normandia. Fiandre, Olanda e nei paesi baltici. Nelle testimonianze iconografiche Brandano figura con un pesce o un ramo in mano. Nei martirologi irlandesi la sua festa cade il 16 maggio.
San Savvatij
Facciamo ora un salto di mille anni e passiamo a San Savvatij, venerato dalla
tradizione ortodossa e fondatore, insieme a San Zosima, del monastero delle
isole Solovki.5) Sono ricordati insieme l’8 agosto.
Non si sa da quale villaggio o regione provenga San Savvatij e nemmeno chi fossero i suoi genitori. Si sa che all’inizio del XV secolo si trovava nel monastero di San Kirill, sul Lago Bianco. Conduceva la sua vita secondo le più strette regole monastiche, nell’obbedienza al suo abate, con preghiere, digiuni, veglie e ogni altra sorta di mortificazioni. Per questo era molto lodato e rispettato sia dai confratelli che dall’abate stesso e il suo nome era spesso citato come esempio.
Ma, fermamente convinto che in questa vita bisogna ricercare la Gloria di Dio e non quella proveniente dagli uomini, il Santo voleva ricercarsi un nuovo luogo, dove gli fosse possibile vivere nel nascondimento, ritirato dagli uomini.
Avendo sentito di un monastero nella stessa provicia di Novgorod, situato sull’isola di Valaam nel lago Ladoga, chiese insistentemente all’abate di poter partire con la sua benedizione. Ottenuto il consenso, il Santo arrivò a Valaam, fu accolto con gioia dai monaci e anche qui si distinse per la profondità con la quale seguiva la dura regola monastica, tanto che la sua virtù cominciò ad essere conosciuta in tutta Valaam e fu di grande esempio per i novizi.
Anche qui il Santo, dopo un certo tempo, cominciò a pensare di cercare un luogo più solitario e tranquillo. Avendo sentito parlare delle isole Solovki, situate nelle gelide acque del Mar Bianco, disabitate e distanti due giorni di viaggio dalla terraferma, si rallegrò e il suo spirito si riempì del caldo desiderio di poter continuare là la sua vita eremitica. Implorò allora l’abate di Valaam di lasciarlo partire, ma l’abate, e con lui i monaci, riconoscendo in lui un inviato di Dio e non volendo perdere un tale esempio di virtù, lo pregò di rimanere. Allora Savvatij restò ancora per un po’ di tempo nel monastero, ma poi, avendo pregato Dio e fiducioso nel Suo aiuto, lasciò segretamente il monastero di notte, senza essere visto da nessuno.
Arrivato sulle rive del Mar Bianco, cominciò ad interrogare la gente del luogo in merito alle isole e gli fu risposto che erano lontane, la navigazione era difficile e pericolosa e che raramente si potevano raggiungere in due giorni e solo con mare calmo. Queste considerazioni confermarono il Santo nella sua scelta: quello era proprio il posto adatto alla sua esigenza di solitudine. Seppe inoltre che l’isola maggiore aveva una circonferenza di più di 60 miglia, le acque erano ricche di pesci e la terra di selvaggina, c’erano sorgenti di acqua potabile, laghi pescosi, montagne le cui pendici sono ricopertine/coperte da lussureggianti alberi di alto fusto, valli dove crescono ogni sorta di cespugli e di bacche.
Permettetemi di fare qui un inciso: leggendo il testo mi sono commossa, perché meno di due anni fa, nell’agosto ‘99 ci sono stata, in pellegrinaggio, nell’arcipelago delle Solovki e la natura che ho trovato era proprio così stupenda e ricca: foreste, laghi, mare, tramonti incredibili alle 11.00 di sera... e abbiamo mangiato mirtilli poco lontano dalla spiaggia! Per non parlare dell’avvicinamento progressivo, dal mare, nel primo pomeriggio, all’insenatura dominata dalle cupole dorate del monastero (fortunatamente noi abbiamo trovato mare calmo, bellissimo, e i nostri due battellini a motore, residuati bellici della marina del Mar Bianco, hanno impiegato “solo” tre ore per raggiungere l’arcipelago...)
Così San Savvatij si infiammò per il desiderio di stabilirsi nelle isole, ma gli abitanti della costa cercavano di dissuaderlo dicendo: “Sei già in età avanzata e non hai nulla: come farai a mangiare e a vestirti? Come farai a vivere in quel gelido posto e lontano dagli uomini?” Ma il santo rispose: “Io, figli miei, ho un Maestro che rende giovane la natura di un vecchio, rende ricchi i poveri, dà il necessario ai bisognosi, vestiti agli ignudi e con una piccola misura di cibo sazia gli affamati, come nel deserto con cinque pesci sfamò cinquemila uomini.” Sentendolo citare le sacre Scritture alcuni furono sorpresi dalla sua saggezza, ma altri lo derisero. Il santo rimase per qualche tempo presso il monaco Herman, che conosceva le isole, poi, riponendo ogni speranza nel Signore, partì su una barca, portando con sé un po’ di cibo, vestiti e anche alcuni utensili da lavoro.
Il mare era calmo e il terzo giorno il santo raggiunse l’isola maggiore. Era il l’anno 1429. Ringraziando il Signore per avergli indicato questa meta, piantò una croce nel punto in cui la barca era approdata e si stabilì poi all’interno dell’isola, in un luogo bello e montagnoso, dove costruì la sua cella e cominciò la sua nuova vita per il Signore.
Il santo lavorava con le sue mani e con le labbra dava gloria a Dio con preghiere incessanti e cantando i salmi di Davide. Per un certo periodo anche il beato Herman lo raggiunse e visse con lui sull’isola.
Passati molti anni, e sentendo Savvatij avvicinarsi la morte, cominciò a pensare come poter ricevere i Divini Misteri (i sacramenti - n.d.r), ai quali aveva dovuto rinunciare dal momento della sua partenza dal monastero di Valaam. Così, dopo aver pregato Dio, prese una piccola barca e, appena il mare fu calmo grazie alle sue preghiere, in due giorni raggiunse la costa. Seguendo il cammino indicatogli dalla Divina Provvidenza, incontrò l’abate Nathaniel, che stava dirigendosi verso un villaggio per portare la Comunione a un malato. Dopo i saluti, i due pellegrini cominciarono a conversare e ciascuno scopertine/coprì chi era l’altro, rallegrandosene molto: Savvatij perché aveva trovato ciò che cercava e Nathaniel per l’onore di vedere la grigia chioma e il santo volto di Savvatij, del quale aveva molto sentito parlare.
Dopo avergli amministrato la Confessione e la Comunione, lo lasciò per recarsi dal malato e San Savvatij si ritirò nella cella dell’abate, per prepararsi ad affidare la sua anima a Dio. Morì il 27 settembre del 1435.
1) MAGNANI, Alberto (a cura di) - La navigazione di San Brandano - Sellerio editore, Palermo, 1992; AAVV - Il grande libro dei Santi - Ed. San Paolo, 1998. vol. I, pp. 339-341
2) AAVV - The Northern Thebaïd - Fr. Seraphim Rose Foundation, 1995, pp. 72-87; KOLOGRIVOV, Ivan, Santi Russi, Ed. La Casa di Matriona, 1977, pp. 157-158
3) I Celti d’Irlanda erano divisi in diversi regni, dove gli ard righ esercitavano un potere limitato alla sfera religiosa. Gli ard righ tardarono a convertirsi al cristianesimo, ma non ostacolarono la predicazione di Patrizio. I regni erano spesso in lotta tra di loro. All’interno di ogni regno la popolazione era suddivisa in varie tribù (tuath), almeno un centinaio, ciascuna con un proprio capo.
4) L’espressione latina saltus virtutis viene considerata la traduzione letterale del toponimo irlandese Cluain Ferta ( = bosco dei miracoli), cioè l’attuale Clonfert, ove sorgeva il più importante dei monasteri fondati da Brandano. Oggi ne rimane la cattedrale, con un bellissimo portone romanico, risalente però a diversi secoli dopo la morte del santo.
5) I santi podvizniki di quelle regioni nordiche non si accontentavano di salvare le loro anime mediante il podvig (parola intraducibile, il cui significato si avvicina a “performance” inglese, Heldentat, Grosstat) della preghiera, dei digiuni e della contemplazione, ma cercavano di diffondere intorno a sé i benefici della civiltà bene intesa. Questo monastero divenne l’avamposto più avanzato del cristianesimo e della civiltà delle regioni russe settentrionali, ma all’inizio del XX secolo fu trasformato in un tremendo luogo di martirio per i cristiani
Alcuni estratti dalla navigazione di San Brandano
(I) San Brandano, Figlio di Finlog, nipote di Alta, della stirpe degli Eoganacht di Loch Lein, nacque nella terra degli uomini del Munster. Era una forte tempra d’asceta, celebre per le sue doti morali, abate di circa tremila monaci.
(II) San Brandano, pertanto, scelti quattordici frati tra tutta la comunità, si ritirò in un oratorio con loro e a loro si rivolse dicendo: “Amatissimi miei compagni della lotta contro il male, mi attendo un parere e un aiuto da parte vostra, perché il mio cuore e tutti i miei pensieri sono concentrati su un unico intento. Solo se ciò è conforme alla volontà di Dio, mi sono riproposto di cercare la terra di cui ha parlato padre Barindo, quella promessa ai beati. A voi che ne sembra? Quale parere mi volete dare?”
E quelli, conosciuta l’intenzione del santo padre, pressoché all’unanimità rispondono: “Abate, il tuo intento è il nostro. Non abbiamo forse lasciato i nostri genitori e rinunciato ai nostri beni per metterci interamente nelle tue mani? Siamo quindi pronti ad accompagnarti sia nella morte, sia nella vita. Solo questo chiediamo, che sia fatta la volontà di Dio”.
(VI) (...) fecero rotta verso il solstizio d’estate. Avevano il vento a favore e per navigare non dovevano far altro che governare la vela. Dopo quindici giorni, tuttavia, il vento cadde e si misero a remare finché mancarono loro le forze. Immediatamente San Brandano iniziò a incoraggiarli e a risollevar loro il morale, dicendo: “Fratelli, non abbiate timore: è Dio che ci assiste, ci fa marinaio e da timoniere e guida la nave. Imbarcate i remi e il timone. Lasciate solo la vela spiegata, e Dio faccia come vuole dei suoi servi e della sua nave”. Si rifocillavano regolarmente verso sera. E a volte il vento soffiava, ma non sapevano da che direzione, né dove la nave fosse sospinta.
(XXI) Una volta, mentre San Brandano stava celebrando la festa di San Pietro apostolo sulla nave, si trovarono a solcare un tratto di mare così trasparente, che si poteva scorgere il fondo. Rivolsero lo sguardo nelle profondità marine e videro diverse specie di pesci che giacevano sulla sabbia. Avevano l’impressione di riuscire a toccarli, tanto le acque erano trasparenti. Assomigliavano a greggi sparse in mezzo ai pascoli: un intero popolo di pesci, tutti acciambellati con la testa che toccava la coda.
(XXVIII)
Trascorsi quaranta giorni, verso sera li avvolse una nebbia così fitta che
quasi non riuscivano a vedersi l’uno con l’altro. Ma il benefattore (un personaggio
incontrato nel viaggio e che ora guida la loro rotta - n.d.r.) disse a San
Brandano: “Sapete di che nebbia si tratta? (...) Questa nebbia circonda l’isola
che avete cercato per sette anni”. (...) un’isola piena d’alberi carichi di
frutta come in autunno. (...) venne loro incontro un giovane (...) (che) si
rivolse a San Brandano: “Ecco la terra che hai cercato per tanto tempo. Non
hai potuto trovarla prima, perchè Dio ha voluto mostrarti molti dei suoi segreti
nella vastità dell’oceano. Ora potrai tornare nella tua terra d’origine portando
con te i frutti e le gemme di questa terra, quanti ne può contenere la tua
nave (...)”. Allora, dopo aver raccolto la frutta e ogni genere di gemme,
ed essersi congedato dal benefattore e dal giovane, San Brandano si imbarcò
con i frati e riprese a navigare nella nebbia. la attraversarono (...) e infine
(...) San Brandano rientrò in patria con rotta sicura.